L’estate
è senza dubbio la stagione di pomodori,
peperoni, melanzane, e nell’area mediterranea
se ne coltivano e se ne consumano grandi
quantità.
L’altra
diffusissima solanacea, la patata, è invece
consumata tutto l’anno.
Interessante
notare che hanno tutte origini extra-mediterranee
(Americhe per pomodoro, patata e peperone;
estremo oriente per le melanzane), e che
il consumo in Europa inizia dal ‘600/’700
in poi, dunque il nostro apparato digerente
le conosce, se va bene, da circa 400 anni.
Chi tenta di seguire un’alimentazione naturale,
per niente tranquillizzato già da questo,
viene poi ogni tanto investito da notizie
allarmanti sulla tossicità delle solanacee
(dai libricini alternativi di alimentazione
agli articoli su riviste di gossip alla
macrobiotica orientaleggiante), ed è tentato,
esagerando, di non mangiarne più.
Ricordo che
la questione delle solanacee fu (con quella
degli agrumi) la prima che cominciò a generare
in me le perplessità sulla macrobiotica
stile Ohsawa-Kushi (non trovavo l’affermazione
“sono troppo yin” molto convincente né scientifica,
né il consiglio di “equilibrarle” con la
carne una cosa molto saggia). Ma anche dal
mondo dell’informazione l’approfondimento
non poteva venire.
La frase
tipica che si trovava accanto alla categoria
“solanacee”, ovunque si cercasse, era: “meglio
non esagerare, poichè contengono la solanina,
un alcaloide tossico“.
Troppo sbrigativa,
seguita poi dalla solita predichetta sulle
patate verdi, germogliate e vecchie che
sapevano già 3500 anni fa sulle Ande (non
è una battuta) o la storiella dei pomodori
verdi, che in fondo pochissimi mangiano.
Le domande,
come si suol dire, sorgevano spontanee:
cosa è infatti un “alcaloide”? Perché tossico?
E in che modo? Per quali organi? E in quali
quantità? Se mi mangio un secchio di
purè vado all’ospedale e posso stare tranquillo
solo se mangio due pomodori ciliegini lillipuziani?
Le melanzane al funghetto le devo rimandare
a domani, se no accumulo? Se avrete la pazienza
di leggere questo post fino in fondo avrete
la risposta a tutte queste domande, con
l’aggiunta di un paio di tabelle che ho
elaborato negli anni con, finalmente, degli
esempi e delle quantità reali.
Vediamo
cosa ne dice la scienza.

Alcaloide:
gli alcaloidi
sono sostanze di origine perlopiù vegetale.
Non è un raggruppamento basato sulle
caratteristiche chimiche, essendo sostanze
di varia e diversa provenienza, ma su
come interagiscono con l’organismo,
e infatti il motivo del nome è che ricordano
gli effetti degli alcali, sostanze molto
irritanti e corrosive per i tessuti degli
organismi viventi (fra gli alcali, un
esempio per tutti: la soda caustica).
Il gruppo
degli alcaloidi è vasto e comprende
sostanze quasi innocue e sostanze molto
velenose: sono alcaloidi la nicotina
(nel tabacco, fra l’altro anch’esso
una solanacea), la caffeina (caffè,
tè), la teobromina (cacao), la
capsaicina (gusto piccante del peperoncino)
ma anche la tubocurarina (curaro)
o la coniina o cicutina (cicuta).
Gli alcaloidi
contenuti nelle solanacee sono per lo più
glicoalcaloidi (alcaloide + zuccheri)
di bassa tossicità, il più conosciuto dei
quali è la solanina. Ma ci sono anche la
chaconina (nella patata in dosi paragonabili
alla solanina), la tomatina (nel pomodoro
è la predominante), la solasonina e la solamargina
(melanzane) e altri in quantità trascurabili.
Parlando
di solanacee, le molecole di solanina, chaconina,
tomatina, solasonina e solamargina sono
spesso per semplicità indicate genericamente
come “solanine“, ma per maggior precisione
vengono chiamate anche “TGA” (Total GlycoAlkaloids).
Raggrupparle non è un azzardo, visto che
la loro struttura chimica è molto simile
e quando vengono metabolizzate liberano
gli stessi pochi alcaloidi: solanina
e chaconina vengono separate dagli zuccheri
presenti nella molecola e liberano l’alcaloide
solanidina. La tomatina libera invece l’alcaloide
tomatidina, mentre solasonina e solamargina
liberano l’alcaloide solasodina. Visto che
utilizzando tutti questi nomi le idee cominciano
già a confondersi, e non poco, per semplicità
d’ora in poi useremo anche qui i termini
“TGA” o “solanine”.
Ruolo
biologico:

la pianta
le produce come pesticidi naturali.
Le solanine fungono da reppellenti per insetti
e vermi, insetticidi, funghicidi e battericidi.
Ad esempio nella patata solanina e chaconina
sono efficaci fra l’altro contro la dorifora
e la peronospora, mentre la tomatina è un
buon battericidida e funghicida, tanto che
le foglie di pomodoro erano usate in passato
per disinfettare le ferite superficiali.
Tossicità
e benefici:

i TGA
agiscono soprattutto sui tessuti dell’apparato
digerente, le cui pareti cellulari,
oltre una certa quantità, vengono danneggiate,
e sul sistema nervoso, bloccando la trasmissione
degli impulsi fra le cellule nervose (effetto
anti-colinesterasi).
A dosi
tossiche per ingestione i sintomi sono vomito,
dolori addominali, disturbi gastrointestinali,
mal di testa, vertigini, confusione mentale.
A dosi mortali la complicanza maggiore è
il blocco cardiorespiratorio.
Oltre
alla tossicità acuta è stata esaminata anche
la tossicità cronica, legata a lunghi
periodi di basse o bassissime assunzioni.
Nonostante le ricerche siano numerose i
risultati sono ancora non del tutto certi
e anche controversi.
Il primo
effetto cronico che si sospetta riguarda
il metabolismo del calcio. Questo sembra
essere destabilizzato dal fatto che la solanidina
(l’alcaloide derivato da solanina e chaconina)
ha una molecola molto simile alla vitamina
D3, fino al punto di favorire il prelievo
di calcio dalle ossa e il suo deposito in
giunture e tessuti molli (forse anche le
arterie, causando arteriosclerosi). Questo
peggiorerebbe dolori articolari, artrite,
artrosi nei soggetti geneticamente predisposti.
Il secondo
riguarda la psoriasi. Nei soggetti predisposti
la somiglianza della solanidina con la vitamina
D3 ingannerebbe i recettori presenti nella
pelle che si occupano di moderare la proliferazione
cellulare (proliferazione che, degenerando,
provoca appunto la psoriasi). Con la
vitamina D3 i recettori si attivano, con
la solanidina no, peggiorando o scatenando
la malattia.
Per contro
bisogna sempre tenere conto degli indubbi
e dimostrati effetti positivi sulla salute
delle solanacee, di gran lunga maggiori
del rischio alcaloidi.
Come dimenticare
gli antiossidanti di pomodori e peperoni?
Vitamina C in quantità enormi, carotenoidi
fra cui il licopene, polifenoli a centinaia,
vitamine, sali minerali forniti generosamente
anche da melanzane e patate. Per non
parlare delle fibre, solubili e insolubili.
Consumando
le solanacee anzi continueremo nell’opera
di adattamento (genetico e culturale) a
questi alimenti che hanno più lati positivi
che negativi, alla ricerca dell’ennesima
“armonia tossicologica” fra uomo e natura.
Come ulteriore
incoraggiamento sono poi cominciati gli
studi per capire se i glicoalcaloidi delle
solanacee possono avere anche ruoli positivi
(anticancro, e sembra anche antivirali),
come li hanno ad esempio gli isotiocianati
delle crucifere, anch’essi tossici ad alte
dosi (ad esempio bastano già 500 gr di cavoli
per influire negativamente sul metabolismo
dello iodio nella tiroide), ma per l’uomo
validi anticancro. Le ricerche sulle solanine
in questo senso sono già numerose e promettenti
(Mendel Friedman su tutti, per chi è interessato).
Come
eliminiamo le solanine che mangiamo:
gli studi
sono controversi. Ricerche effettuate su
topi, ratti, criceti, scimmie, uomini hanno
dato esiti diversi, ma diverse sono state
anche le modalità di somministrazione.
La solanidina pura (l’alcaloide finale,
dunque, che nei cibi è tale solo in piccole
quantità) sembra venire assorbita in
buona percentuale, mentre le solanine come
glicoalcaloidi presenti negli ortaggi vengono
in buona parte eliminate con feci e urine
nel giro di 24 ore (i roditori in testa:
70-80%).
Una volta
accumulate nell’organismo sembra invece
che vengano smaltite lentamente (mesi).
Si accumulano, dove più dove meno, in quasi
tutti gli organi. Una sintesi plausibile
di quanto si sa finora è questa: le solanine
presenti nei cibi vengono eliminate, o meglio
non assorbite, fino al 70-80% con feci e
urine nel giro di 24 ore.
Quelle
che vengono assorbite e si accumulano negli
organi hanno un’emivita (cioè un tempo di
dimezzanento) di 30-60 giorni. Vuol
dire che se volessimo eliminare completamente
dal nostro organismo le solanine assorbite
finora dovremmo evitare le solanacee per
parecchi mesi. Molto sembra dipendere anche
dalla genetica: un sudamericano ha nei geni
millenni di consumo di solanacee, un europeo
pochi secoli, e l’adattamento può quindi
essere diverso.
Parentesi:
questa differenza “etnico/geografica” non
deve stupire. Ad esempio la persistenza
anche in età adulta dell’enzima lattasi
per la digestione del lattosio ha avuto
un’evoluzione simile: pochi uomini l’avevano
10-12000 anni fa, ora è presente in buona
parte delle etnie che tradizionalmente usano
latte. D’altra parte non potrebbe essere
altrimenti, poichè con la quantità di solanine
presenti ad esempio nelle patate, anche
se ben conservate, le popolazioni che ne
fanno uso quotidiano raggiungerebbero la
dose tossica nel giro di pochi giorni, se
venissero assorbite tutte o quasi.
La cottura
non serve, poichè le solanine degradano
solo oltre i 240 gradi. L’abbassamento della
concentrazione di solanina ad esempio nelle
patate lessate è dovuto in massima parte
alla diluizione nell’acqua di cottura, cosa
che dunque non ha effetto in minestroni,
zuppe e minestre visto che si mangia anche
quella. L’unico modo per tenere sotto controllo
l’introito di TGA è fare attenzione agli
alimenti che ne possono contenere troppi
(vedere più avanti).

Dosi
tossiche: su questo
la scienza è unanime: 3 mg per kg di
peso corporeo (cioè circa 210 mg totali
per una persona di 70 kg) sono la dose tossica
(vomito, dolori addominali, disturbi
gastrointestinali, mal di testa, vertigini),
6 mg per kg di peso corporeo la dose potenzialmente
mortale (420 mg totali per la persona
di 70 kg) (1).
Nel
caso della dose mortale la complicanza maggiore
è come già detto il blocco cardiorespiratorio.
La risposta a queste dosi può variare da
persona a persona e come visto questo
potrebbe dipendere anche dalla propria storia
genetica.
Nel
computo di queste dosi è venuta in aiuto
anche la pratica medica: studiando i casi
di intossicazione da solanina si è giunti
a capire anche praticamente e precisamente
quali fossero le dosi scatenanti.
Vista la minor massa corporea i più coinvolti
sono sempre stati i bambini:
il tipico caso è il
ricovero in massa di intere scolaresche
con mal di pancia e vomito dopo il consumo
in mensa di patate verdi, vecchie, mal
conservate o germogliate. Inutile sottolineare
che per i bambini le dosi tossiche vanno
più che dimezzate (evidenziato anche nella
tabella più sotto). Altra cosa importante:
abbiamo visto che buona parte della solanina
ingerita viene eliminata nel giro di 24
ore, dunque le dosi tossiche sono da intendersi
“al giorno“.

Quantità
nei vari alimenti:
in condizioni
normali la dose biologicamente utile alla
pianta per proteggere frutti e tuberi dall’attacco
di muffe, insetti, vermi e batteri sembra
essere dai 50 ai 100 mg per kg, soprattutto
concentrata nelle parti esterne (buccia)
e intorno ai semi.
Dosi maggiori
sono accumulate in foglie, fusti, radici,
che non sono commestibili. Le quantità di
solanine che si trovano negli ortaggi che
consumiamo variano però molto in base allo
stato di conservazione, maturazione e attacchi
che la pianta ha subìto prima della raccolta.
Una cattiva stagione può più che raddoppiare
il contenuto di TGA nelle patate, e l’assenza
di uso di pesticidi chimici (come in alcune
coltivazioni biologiche dove non vengono
usati altri antagonisti) costringe le piante
a produrre più solanine per difendersi (ma
probabilmente sono meglio loro che alcuni
pesticidi chimici…).
Le cultivar
di solanacee usate al giorno d’oggi sono
frutto di lunghe selezioni, che ne hanno
abbassato in molti casi i livelli di TGA.
Le varietà selvatiche, più soggette ad attacchi
esterni, ne contengono di più. La tabella
sottostante (ricavata dai dati in (1) –
cliccare per ingrandirla) ne riporta il
contenuto per le diverse solanacee in diverse
condizioni di maturazione e conservazione,
con le dosi tossiche e letali stimate per
adulti e bambini.

Patata:
riguardo i TGA è l’ortaggio più studiato,
a causa del suo indubbio maggior consumo.
Le popolazioni precolombiane del sudamerica
conoscono gli effetti potenzialmente tossici
della patata (alle alte quote delle Ande
è amara e molto ricca di solanine) già da
millenni, tanto che hanno inventato metodiche
di essicamento al freddo allo scopo di eliminare
i liquidi contenenti la solanina prima del
consumo e arrivare ad un alimento commestibile
(chuño).
Le qualità
coltivate al giorno d’oggi alle nostre latitudini
sono invece poco ricche di solanine, in
media 75 mg per kg di patate sane (non verdi
né germogliate), dunque la dose tossica
si raggiunge con circa 3 kg di patate in
un solo giorno, quella potenzialmente letale
con 6 kg.
Patate verdi
e germogliate possono avere da 200 a 1000
mg per kg di solanine, dunque la dose tossica
si abbassa sotto al kg o meno, ma a quel
punto la patata diventa amara e dal retrogusto
piccante e metallico, praticamente immangiabile,
ed è così che il nostro organismo ci avverte
di non mangiarla in quelle condizioni.
La solanina
si concentra subito sotto la buccia (fino
all’80%, per difesa da agenti esterni),
dunque sbucciandola il contenuto cala parecchio,
e la bollitura in acqua ne diluisce un po’
la concentrazione (ma molto poco e per diluizione,
non per la temperatura in quanto la solanina
come già detto degrada solo oltre i 240
gradi). Dunque la dose tossica per patate
sane sbucciate generosamente sale a più
di 10 kg in un giorno, quella potenzialmente
letale molto oltre i 20 kg, dosi impossibili
anche per i più voraci.
Attenzione
invece alla qualità delle patate utilizzate
nello svezzamento dei lattanti, con l’onnipresente
quotidiano brodo vegetale di patate-carote-zucchine:
le patate devono essere di eccellente qualità.
Gettare via senza pietà patate verdi, germogliate,
tagliate, ammaccate, grinzose, vecchie.
Nelle patate
la solanina aumenta con i tagli superficiali
(patate rovinate), la luce solare (ma anche
di lampade fluorescenti, come nei supermercati,
per i raggi UV), la germogliazione, l’inverdimento,
ed è più alta nelle patate meno mature (troppo
novelle) e molto piccole (patatine da forno).
Processi che
concentrano molto il peso delle patate (patatine
fritte in busta) possono alzare il contenuto
di solanina nel prodotto finale. Solanina
e chaconina, i glicoalcaloidi maggiormente
presenti nelle patate, sono considerati
i più tossici, con in testa a tutti la chaconina.
Viste comunque le quantità, se si usano
patate sane e sbucciate si può stare più
che tranquilli.
Pomodori:
il glicoalcaloide principe è la tomatina,
dalla tossicità piuttosto bassa. Nei pomodori
verdi può andare da 90 a 300 mg per kg,
che in quelli quasi maturi (tipico momento
di raccolta per i pomodori distribuiti nei
negozi) scende a 20/30 mg per kg, una dose
che diventa quasi trascurabile nel pomodoro
perfettamente maturo dal colore rosso intenso
e di consistenza tenera (raccolto nell’orto
e mangiato) che può avere da 1 a 5 mg per
kg di TGA.
Se presenti,
sono più concentrati nella parte viscosa
attorno ai semi e nella buccia. I pomodori
verdi vanno evitati e non dati ai bambini.
Le foglie di pomodoro, che alcuni chef usano
(con un po’ di leggerezza) per insaporire
le salse, vanno consumate con la stessa
cautela con cui si mangerebbero ad esempio
le mandorle amare: evitate o in quantità
minimissime. Salsa di pomodoro e concentrato
di pomodoro, in genere fatti con pomodori
ben maturi (altrimenti non sono buoni),
contengono quantitativi irrisori di solanina
e tomatina nonostante l’ortaggio sia molto
concentrato perchè è molto bassa la loro
presenza nella materia prima.
Il pomodoro
risulta la solanacea più sicura e salutare,
viste le basse dosi di TGA, la bassa
tossicità della tomatina in particolare
e gli altri pregi nutrizionali di cui si
può vantare. Sappiamo dalle statistiche
che il consumo medio annuo pro-capite di
pomodori in Italia (in tutte le loro forme,
dal sugo all’insalata) è di 75 kg: Ipotizzando
per eccesso un contenuto medio di 10 mg/kg
di solanine arriviamo a 750 mg in un anno,
circa 2 mg al giorno: un centesimo della
dose tossica, e siamo stati pessimisti.
Peperoni:
le varietà rosse e gialle, ben mature,
hanno meno di 80-90 mg/kg di solanine. Le
varietà verdi non ne hanno tante di più,
ma visto il minor quantitativo di carotenoidi
hanno alla fine un valore nutrizionale minore.
Personalmente quelli verdi non li consumiamo
quasi mai, gli altri molto spesso crudi
nelle insalate miste.
Melanzane:
solasonina e solamargina sono poco tossiche,
probabilmente appena poco più della tomatina,
e nelle melanzane si concentrano soprattutto
nella buccia. La tradizionale salatura delle
fette adagiate nello scolapasta e pressate,
con perdita dell’acqua nella quale si diluiscono
in parte i TGA, ne abbassa la concentrazione,
che in media nel prodotto fresco va da 60
a 110 mg/kg. La sbucciatura abbassa sì il
contenuto di solanine ma elimina anche le
sostanze bioattive come i polifenoli antociani
(colore viola), abbassando così la sua valenza
nutrizionale.
Ma
è facile o difficile arrivare a dosi tossiche?

La tabella
sopra ipotizza tre successive giornate casuali
con diversi menu: nella prima ci si abbuffa
di solanacee, nella seconda si sta nella
norma, nella terza non se ne consumano affatto.
Come si vede, nonostante tutto le dosi di
solanine restano ampiamente a livelli di
sicurezza, anche “esagerando”. La media
della tre giornate è di 32 mg, un livello
più che accettabile, tenendo presente che
la prima giornata è esasperata, mentre con
una alimentazione varia ed equilibrata all’italiana
non si superano verosimilmente i 10-15 mg
al giorno.
Dunque
la risposta alla domanda del titolo è: mangiamole
senza troppi problemi nel contesto di una
dieta varia, nella quale dunque non si abbonda
esageratamente di nulla.
Non si
può mangiare verdura solo sotto forma di
solanacee, come non si può esagerare con
le crucifere (isotiocianati anche loro virtualmente
tossici), con la frutta (poliammine che
possono favorire le cellule tumorali), con
i formaggi (grassi saturi), con la carne
(acidosi), con la pasta integrale (fitati
non neutralizzabili), con gli spinaci (ossalati)
ecc. ecc.
In una dieta
naturale ben condotta, quindi molto differenziata,
non si riesce ad abusare di un solo tipo
di alimenti. Se sono quattro sere che a
cena come contorno mangiamo solo insalata
di pomodori e peperoni c’è qualcosa che
non va: le altre verdure che fine hanno
fatto? Una dieta naturale è anche stagionale:
in inverno ci piace usare sicuramente la
salsa di pomodoro e i pomodori secchi, mentre
con pomodori, peperoni e soprattutto melanzane
freschi facciamo una lunga pausa. Questo
consente anche di smaltire le poche solanine
accumulate durante primavera ed estate,
la loro stagione elettiva.
Fonte:
LaMiamacrobiotica



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N-Acetil
Cisteina - precursore Glutatione
Il glutatione è un tripeptide naturale,
vale a dire una sostanza costituita da tre amminoacidi,
nell'ordine acido glutammico, cisteina e glicina.
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Esso e' un composto organico la cui carenza
nei globuli rossi congenita od acquista nel corso dell'esistenza,
per via di vaccinazioni, assunzione di farmaci, droghe,
alimentazione inadatta, ecc., determina il precoce invecchiamento
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Virtù del Glutatione
Il Glutatione viene costruito all’interno
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che sono la glicina, l’acido glutammico e la cisteina.
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SAMe ed il Fegato - S-adenosil metionina
La S-adenosil metionina (SAM) è un coenzima
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La scoperta che le cellule della maggioranza
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Iniziamo col dire che la vitamina C esistente
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Tumori:
iniezioni di vitamina C ad alte dosi per uccidere cellule
cancro
L'iniezione di un concentrato di vitamina
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A stabilirlo, per ora sui topi, è una ricerca dell'Università
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Vitamina
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come “la vitamina C tiene a bada il cancro” quando addirittura
non è stata usata la parola “cura”. Tutto parte da una
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gettato in pasto ai media c’è un bel po’ di differenza.
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La
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Via libera al ribes, ai peperoni, ai
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in gravidanza, oltre ad aiutare il senso di sazietà favorendo
una dieta sana e variegata, aiutano anche ad apportare
la giusta quantità di vitamina C nell'organismo, indispensabile
per un sano sviluppo cerebrale del nascituro.
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La
Melatonina
La melatonina, chimicamente N-acetil-5-metossitriptamina,
è una sostanza prodotta da una ghiandola posta alla base
del cervello, la ghiandola pineale (o epifisi). Agisce
sull'ipotalamo e ha la funzione di regolare il ciclo sonno-veglia.
Oltre che negli esseri umani essa è prodotta anche da
animali, piante e microorganismi.
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Motore di ricerca interno Carcinomaepatico.it
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